Dai saperi ancora frammentari al sapere unitario

« E la psicoanalisi svelando l'unitarietà di tutti gli ambiti dello scibile, è arrivata alla visione unitaria dell'essere »

(Silvia Montefoschi, "L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno - Escursione nella filosofia del XX secolo", 2006)

domenica 2 dicembre 2012

Perchè parlare ancora di psicoanalisi e non di teologia?

Psicologia, Psicoanalisi, Filosofia, Scienza o Teologia?

"Il fatto che questo libro compaia in una collana di psicologia [ndr: l'autrice intende riferirsi a "Il principio cosmico - Storia della preistoria del verbo" un lavoro di Silvia Montefoschi pubblicato nel 1987 al termine del suo percorso psicoanalitico e di cui questo scritto costituisce la presentazione] si presenta problematico per non dire equivoco.
Infatti il discorso che in esso si fa, nato ormai da un decennio, dalla riflessione sul metodo psicoanalitico, è immediatamente sconfinato oltre l'ambito specifico delle scienze psicologiche, e ciò perchè, grazie alla riflessione su se stessa, la psicoanalisi ha manifestato la propria coincidenza con la dinamica dialettica di ogni forma del pensare umano fino a rivelare, con l'avanzare del processo riflessivo, che la dinamica dialettica coincide a sua volta con quella grazie alla quale l'Essere si manifesta a se stesso nel pensiero dell'uomo.
Sembrerebbe allora a questo punto necessario far rientrare questo discorso in un altro ambito dello scibile, ma quale: Filosofia, Scienza? Teologia?
Nel momento in cui il metodo psicoanalitico si è rivelato essere quello grazie al quale L'Essere conosce se stesso in ogni forma della umana conoscenza, qualunque campo di quest'ultima, preso in sse stesso, sarebbe limitativo nei confronti del discorso stesso, che è poi una nuova ermeneutica che tutti li comprende.
Il termine più adeguato ad indicare l'argomento che il discorso tratta sarebbe forse 'ontologia', ma poichè anche questo termine è stato sempre usato in riferimento al discorso che l'uomo fa sull'Essere e non al discorso che l'Essere fa di sé, come è in questo caso, anche l'uso di questo termine può presentarsi equivoco o comunque problematico.
La consuetudine ci insegna che quando nasce una nuova scienza è d'uopo darle un nome nuovo.
Però questa nuova scienza si viene a collocare al di là della logica entro la quale ogni scienza, a tutt'oggi, ha trovato il suo nome in relazione all'oggetto di cui essa si occupa (logica che poi è ancora quella fondata da Aristotele); essa infatti non ha altro oggetto se non se stessa; motivo questo per cui è difficile, se non impossibile, poterla nominare, per indicarla all'interno della logica attuale.
D'altra parte esiste anche l'usanza di dare al nuovo nato il nome del proprio genitore, e poiché è dalle scienze psicologiche che questa nuova via di conoscenza è scaturita, m'è parso che la scelta migliore o comunque la più facile fosse proprio l'attenermi a questa usanza."

(Silvia Montefoschi, "Il Principio cosmico", 1987, cit. pag. 9-10)

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